Il partigiano Dino Carta

Passeggiando per le vie interne del tranquillo quartiere di Sant'Andrea, si può imboccare una breve via, via Ottone Calderari, che porta verso il vecchio Istituto Salvi.
Quasi alla fine della via, sulla sinistra, poco dopo il civico 2 in basso fissata al muretto di cemento di una recinzione c'è una piccola lapide su cui è scritto:
" Qui rabbia dei fratelli assoldati dall'invasore teutonico spezzò la giovinezza di Dino Carta ventenne. I compagni di lotta vollero eternato l'eroico martirio per l'ideale sublime di libertà"
N. 2 11 1924 M. 12 1 1944.
Cos'era successo qui e chi era Dino Carta? Beh, Dino era un ragazzo come tanti, nato nel 1924 in peno fascismo in una casetta di via dei Munari. La sua vita era quella di molti altri ragazzi nati e vissuti sotto il regime senza nessun'altra alternativa. Frequentava le scuole al Patronato Leone XIII°, a pochi passi da casa sua proseguendo poi gli studi all'Istituto Tecnico Industriale Rossi.
Come tutti i ragazzi di quel tempo era anche lui inquadrato nelle formazioni paramilitari giovanili nella Compagnia "Julia". Era anche un bravo giocatore di calcio e militava nella squadra del Vicenza, cosa che probabilmente gli evitò la chiamata alle armi. Nel campionato regionale del 43-44 il Vicenza era appena risalito dalla serie B e lui giocava come portiere. Era l'anno in cui il Grande Torino vinceva il primo dei famosi 5 campionati consecutivi, erano gli anni in cui nella squadra militavano Romeo Menti, Santagiuliana e Quaresima, insomma, Dino era una promessa sportiva, un giovane atletico, intelligente e pieno di vita.
Ma lui proviene da una famiglia di patrioti e forse già in casa respira quell'aria liberale che nel 1944 gli farà prendere una decisione fatidica. Non vuole più assistere passivamente alle disastrose vicende che stanno travolgendo il paese, non vuole più vivere in una nazione occupata e sotto il giogo della dittatura feroce della Repubblica di Salò, vuole fare qualcosa anche lui, qualcosa di concreto. Ha molti amici che hanno scelto di ribellarsi e prendere la via delle montagne e vorrebbe unirsi a loro. Chiede di entrare a far parte della Brigata "Argiuna", una brigata partigiana facente parte della Divisione Vicenza che opera in città e nei dintorni. Spina nel fianco degli occupanti tedeschi era una brigata composta da squadre di sabotatori SAP e GAP che compivano azioni eclatanti come ad esempio il disarmo del Sottosegretariati di Stato alla Marina Repubblicana che, dopo l'8 settembre si era trasferita da Roma a Montecchio Maggiore.
Ma i vertici del gruppo partigiano chiedono a Dino di compiere una missione ben più difficile e pericolosa: fare l'infiltrato. Lo convincono ad arruolarsi nella Polizia Ausiliaria e a fare il doppio gioco. Un compito altamente rischioso e che, nel caso in cui fosse stato scoperto, avrebbe comportato l'immediata fucilazione. Lui non si spaventa e accetta l'incarico pur essendo ben conscio di ciò che rischiava e nel 1944 si arruola venendo assegnato al commissariato di Vicenza. Inizia un periodo pericolosissimo, pieno di ansie e di paure ma estremamente utile ai partigiani a cui riesce a fornire preziose informazioni sui posti di blocco, sugli spostamenti della polizia repubblichine e soprattutto sui rastrellamenti che venivano programmati dai nazi-fascisti.