Forte Pozzacchio-Werk Valmorbia

La storia

Panorama di Forte Pozzacchio
Panorama di Forte Pozzacchio

Forte Pozzacchio è l'ultima delle fortezze austro-ungariche realizzate tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento sul confine sud dell'Impero. 

Come ben noto, anche se l'Austria era legata al Regno d'Italia dalla Triplice Alleanza non si fidava molto della lealtà del suo alleato e preferì, a scanso di sorprese, di rinforzare i confini con la penisola con una cintura di fortezze difensive.

Il Pozzacchio, o Werk Valmorbia come lo chiamavano gli austriaci, era la ciliegina sulla torta di questo possente sbarramento con cui bloccare e presidiare l'accesso alla vallata e alla  strada che portava verso Rovereto.

I lavori iniziarono nel 1912 con la costruzione della strada che partiva dall'abitato di Pozzacchio e di una ferrovia a scartamento ridotto per agevolare sia il trasporto dei materiali per i lavori sia, in seguito, per velocizzare i rifornimenti della struttura. Nel 1913 furono costruite le caserme per la guarnigione e il villino per gli ufficiali, un acquedotto e una teleferica. Nello stesso anno fu completato lo scavo del fossato di gola e fu spianata la sommità del colle per realizzare lo scavo degli alloggiamenti dell'osservatorio e delle cupole corazzate che avrebbero ospitato gli obici.

Sezione e pianta del forte
Sezione e pianta del forte

Per ragioni di economia il tenente Stepan Pilz, progettista dell'opera, ideò una fortezza quasi interamente scavata nella roccia e il costo inizialmente previsto era di 2,5 milioni di corone (più o meno 12.750.000 euro attuali).

Il cantiere proseguì anche dopo lo scoppio della guerra nell'agosto del 1914 ma la carenza di manodopera e l'entrata in guerra dell'Italia nel maggio del 1915 impedirono la conclusione dei lavori. Il 3 giugno 1915 il cantiere fu occupato quasi senza scontri dagli italiano dell'8° Reggimento di Fanteria della Brigata Roma.

Un dopo, con la Strafespediktion del maggio 1916, il forte tornò in mano austriaca. Il 28 giugno dello stesso anno due battaglioni del 72° Reggimento di Fanteria tentarono di riconquistare la posizione e riuscirono a prendere di sorpresa il nemico intrappolandolo dentro al forte. Ma 60 uomini della 4° Compagnia del 1° Reggimento Landesschutzen al comando del tenente A. Enrich riuscirono a rompere l'assedio e a ricacciare gli italiani indietro. Dopo questo tentativo la struttura rimase in mano austriaca fino alla fine della guerra.

 

 

Armi e tecnica

L'alloggiamento delle cupole degli obici incompleto
L'alloggiamento delle cupole degli obici incompleto

L'opera, essendo incompleta, non è mai entrata in funzione secondo le sue prerogative ma tuttavia presenta una serie di peculiarità tecniche che meritano di essere analizzate.

Il cantiere era diretto dal tenente Alexander Ottopal e impegnava circa 200 operai. I lavori furono appaltati alla ditta Zontini di Trento che fece ricorso sia alla manodopera locale sia ad operai croati. Al contrario di ciò che facevano gli italiani nella costruzione dei forti a confine che, spesso e volentieri impiegavano anche operai provenienti dai paesi e dalle contrade che erano italiani si, ma sudditi austriaci, le maestranze che lavoravano alle opere strategiche dovevano essere rigorosamente cittadini dell'Impero (e anche affidabili) per evitare infiltrazioni di spie nemiche (come faceva l'Austria per i forti italiani).

L'opera aveva solo la parte superiore (dove sarebbero stati alloggiati gli obici) in cemento armato, tutto il resto della struttura era scavata nella roccia per ben tre piano collegati da un pozzo dotato di scale in cemento armato e di montacarichi elettrici per trasportare le munizioni necessarie allo sparo degli obici.

Fossato di gola con il ponte di roccia
Fossato di gola con il ponte di roccia

Sul fossato di gola si può ancora vedere il ponte di roccia sul quale si dovevano far transitare le due pesanti cupole in acciaio per il montaggio. Le cupole erano prodotte negli stabilimenti Skoda e avevano uno spessore di 30 cm per un peso totale di 30,5 tonnellate. Al momento dello scoppio delle ostilità con l'Italia le cupole erano arrivate alla stazione ferroviaria di Calliano ma furono deviate a Trento e utilizzate per altri scopi.

Il ponte di roccia doveva essere abbattuto dopo il passaggio dei pesanti manufatti per ovvie ragioni ma fi invece utilizzato per scavare una ulteriore postazione difensiva che copriva dall'alto il fossato di gola.

L'ingresso al complesso militare avveniva attraverso una strada appositamente costruita lunga 4,8 km che partiva dall'abitato di Pozzacchio e arrivava alle caserme, al villino per gli ufficiali e ai depositi situati nella parte posteriore del forte defilata ai tiri dell'artiglieria nemica. Era stata realizzata anche una ferrovia leggera a scartamento ridotto che occupava parte del sedime stradale. C'era anche un impianto idrico con stazione di pompaggio presso Malga Buse a 1.400 mt di altitudine che garantiva una portata d'acqua pari a 11,5 metri cubi al giorno e una teleferica che portava 300 kg di carico a viaggio.

L'armamento previsto era costituito da 2 obici da 100 mm mod.M9 posizionati in cupole girevoli in acciaio, 1 osservatorio in cupola girevole sempre in acciaio, 4 obici da 10 cm posizionati in casamatta corazzata e 10 mitragliatrici da 8mm.

Era poi previsto un riflettore per segnalazioni ottiche da 25 cm, 2 da 90 cm e 5 da 35 cm in caverne protette da scudi in acciaio.

Non si sa quale guarnigione sarebbe stata assegnata al Pozzacchio.