Ciò che rimane del Duecento

La Torre dei Loschi
La Torre dei Loschi

Purtroppo, del periodo duecentesco e trecentesco, a Vicenza rimane ben poco. Sparute tracce negli edifici più antichi, rimaneggiati e stravolti nel tempo, lasciano intravedere uno spiraglio di quella che era l'antica città, ma tutto rimane nell'ambito della pura supposizione, senza alcun supporto iconografico. Dal tardo gotico fiorito di estrazione veneziana ai palazzi rinascimentali ed in seguito il trionfo classicista palladiano prima e scamozziano poi hanno stravolto l'antico impianto urbanistico vicentino fino al tardo Quattrocento. Sappiamo dell'apertura di importanti cantieri nella zona del Peronio (l'attuale Piazza dei Signori con strade e piazze adiacenti) già dalla prima età comunale tra i secoli XII e XIII. Subito dopo il 1150 troviamo delegati al governo cittadino i rectores e nel 1175 il primo podestà che nel 1211, dopo che il comune acquista dai Bissari il palazzetto e la torre, ne prenderà possesso come residenza ufficiale e se ne troverà traccia già nel 1262 nell'inventario dei beni comunali. La torre , più volte sopraelevata, diverrà l'attuale e inconfondibile torre civica, appunto, Bissara.

Sul finire del Duecento scompaiono anche il Palatium Vetus e il Palatium Communis e viene rimaneggiata ampiamente anche la torre del Girone (di cui non abbiamo testimonianze iconografiche antecedenti). Nel 1481 la mappa del Peronio ci mostra una situazione già ampiamente ristrutturata della antica Piazza e , sempre dall'antico elenco dei beni comunali, troviamo altre torri che, al tempo della dominazione di Ezzelino, furono confiscate alle famiglie dei maggiorenti vicentini ed in seguito furono acquisite dal Comune per gli usi civici. Se ne contano ben 14, la maggior parte delle quali si trovavano nella attuale altura di Santa Corona e a ridosso delle porte utilizzate per fortificare ulteriormente la città.

Nel XII° secolo vengono emanate anche direttive urbanistiche per porre un freno al disordinato sviluppo edilizio ( si contano ben 212 immobili tra botteghe, abitazioni private e terreni) e decretare numerose demolizioni per ripristinare una viabilità accettabile. Vengono anche stabilite misure minime e di altezza massima delle strutture in murature per impedire inopportuni innalzamenti nella cerchia muraria oltre l'altezza dei palazzi comunali e nobiliari. Obbliga inoltre le famiglie più in vista del contado ad inurbarsi (per mantenere un più stretto controllo politico) e dal canto loro i nobili, data l'insicurezza dei tempi, non disdegnano l'invito a porsi sotto la protezione della cinta muraria, magari su case-torri più facilmente difendibili. A tal proposito alcune fonti parlano di più di 100 torri "grandi et alte" di cui si conserva un mirabile esempio ( e ormai unico) nelle cosiddette torri dei Loschi nell'attuale contrà Sant' Antonio.

Anche l'edilizia religiosa cambia volto e abbandona i complessi monastici per più semplici ed efficaci edifici urbani. Una delle prime chiese è certamente Santa Maria in Foro, detta dei Sevi perché fondata dai Servi di Maria e la splendida abbazia di Sant' Agostino, che non è certo in città ma in una zona rurale presso un guado del fiume Retrone. Ma ne riprende lo stile la piccola chiesetta di Sant'Ambrogio, nella omonima contrada, anche se non si tratta della attuale costruzione, datata 1384, ma della precedente di larghezza pressoché uguale ma molto più bassa.

La dominazione dei Visconti (1387-1404) non lascia  di rilevanti fabbriche religiose se non l'innalzamento del grande edificio dell' abbazia dei Benedettini di San Felice che il reggente, Francesco da Calavena, provvede a dotare di un chiostro e di cui se ne vede l'originaria forma anche nella Pianta Angelica del 1580.

Il Trecento si chiude con una città che, nonostante i disastri delle guerre dei signorotti "foresti" e delle pestilenze (terribile la peste nera del 1347-1348), conta ormai quasi 10/12.000 abitanti: il doppio di quanti ve ne fossero alla fine del Duecento.