La città duecentesca

Porta Santa Lucia
Porta Santa Lucia

 

Arrivati alla seconda metà del Duecento, Vicenza vede finalmente completata la cerchia delle mura cittadine. Le tappe e la durata dell’impresa vengono a coincidere con la cosiddetta età dei comuni che in città ebbe inizio nel XII° secolo. .Diviene agevole notare come nonostante la cinta muraria medievale sia di forma pressoché circolare, la città rispetti l’antico impianto romano a scacchiera con le vie principali disposte perpendicolarmente.

Ovviamente, i confini cittadini si sono nel frattempo allargati, inglobando aree come la bassura dell’Isola, accanto al Bacchiglione e l’area intorno al Teatro Berga , poco al di là del Retrone e la zona di Contrà Carpagnon.

Ad una attenta osservazione delle mappe di Vicenza ( Pianta Angelica del 1580, Pianta di Vicenza del Monticolo del 1611, Descrizione iconografica di Vicenza di Giandomenico Dall’Acqua del 1711) possiamo notare come la circolarità delle mura abbia come centro un punto equidistante tra la Cattedrale e la residenza del Comune. Nelle mappe citate la cinta medievale è ancora segnata e quindi, presumibilmente, visibile ma i documenti ci confermano come la visione medievale della sacralità del cerchio sia trasposta anche nell’organizzazione urbana di quasi tutte le città italiane. In questa visione quasi mistica della sacralità del cerchio possiamo comprendere anche l’importanza delle porte di accesso all’urbe che nel 1264 furono, per editto comunale, dipinte con figure in onore degli angeli, dei santi, degli apostoli e della Vergine.

Quindi una netta distinzione tra l’ordine cittadino con le sue strade dritte e perpendicolari, con la legge tutelata dagli sgherri comunali e il disordine della campagna spesso selvaggia e priva di altri punti di riferimento se non qualche solitaria abbazia. Per rivedere la civiltà bisogna raggiungere la prossima città che accoglie il viandante più o meno con lo stesso schema urbano.

Stupisce anche l’affezione dei vicentini alla loro cinta muraria. In ogni documento si vede chiaramente che le mura considerate tali sono e rimangono quelle medievali. Infatti anche le aggiunte scaligere e veneziane hanno rispettato l’antico circuito innestando le aggiunte difensive senza deturpare quelle esistenti. L’esigenza di ampliamento, dovuta all’accorpamento dei borghi e a nuove posizione difensive, si è limitata all’aggiunta e non alla sostituzione della cinta esistente. Anche Mastino e Alberto della Scala nel trecento, prima di procedere al suddetto ampliamento, vollero che le mura antiche fossero accuratamente misurate!

Naturalmente gli interventi successivi alle varie conquiste hanno si rispettato la cerchia muraria originale ma non si sono dati pena nel rispettare il senso di tale cinta. Troviamo infatti che l’intervento Padovano nel 1266 porterà alla costruzione del Castello dell’Isola e quello successivo scaligero nel trecento munirà il poderoso torrione a ovest della città oltre a circondare il borgo San Pietro con le mura e le relative porte di Santa Lucia, Padova (oggi scomparsa) e Porta Nuova insieme ai capisaldi della Rocchetta e di porta Santa Croce. Mentre i Padovani si sono limitati a fortificare l’avamposto a est gli Scaligeri hanno iniziato una vera e propria opera di accorpamento dei borghi con la costruzione del tratto di mura di cui sopra.

Tra il XV° ed il XVI° secolo i Veneziani aggiungono i tratti di mura tra Borgo Berga e Santa Caterina dal 1407 fino ad arrivare a porta Monte sulla Riviera Berica e nel 1409, dopo la sistemazione di Porta Pusterla chiudono anche il borgo di San Bartolomeo (oggi San Bortolo ) con la omonima porta nel 1435. Tutti questi interventi si protrarranno per circa un secolo e mezzo cambiando l’originaria forma circolare delle mura duecentesche in un agglomerato di interventi accavallatisi nei secoli fino ad arrivare ad una pianta spezzettata e priva di coesione con le antiche cinte.

Successivamente Bartolomeo D’Alviano nel 1507-1508, Michele Sammicheli nel 1544-1545 e Tensini nel 1630 elaboreranno varie proposte e soluzioni per ammodernare e rendere più efficienti le difese cittadine oltre che rendere omogeneo il circolo murario inglobando quei borghi che ancora ne rimanevano fuori, ma tali proposte caddero nel vuoto e rimasero senza seguito alcuno. Nel tardo ottocento, esaurita l’esigenza di avere città fortificate vedremo lo sviluppo delle “circonvallazioni viarie“ che ricalcheranno, almeno nella loro fase iniziale, i circuiti murari antichi dopodiché lo sviluppo urbano travolge inesorabilmente l’impianto circolare cittadino lasciando che l’espansione edilizia si regoli da sé nel suo avanzare senza sosta verso quelle che un tempo erano le campagne intorno alla città.