I MONASTERI E I BORGHI

Abbazia di Sant'Agostino
Abbazia di Sant'Agostino

Nella seconda metà del Duecento, dopo la sconfitta di Ezzelino da Romano, le realtà comunali cominciano a riprendere vigore. In questo stesso periodo gli ordini Mendicanti, sotto la diretta autorità del Papa e liberi dal giogo vescovile, iniziano la loro opera di evangelizzazione stringendo legami forti con la neonata borghesia mercantile medioevale. La particolarità di questi ordini sta infatti nella assidua predicazione del vangelo e nei continui contatti quotidiani con la popolazione. Diviene quindi logico pensare all’insediamento di importanti realtà conventuali anche a Vicenza: i Dominicani con la chiesa e il convento di Santa Corona (1269-1270), gli Eremitani con la splendida abbazia di Sant’Agostino e la chiesa ed il convento di San Michele (1264), i Francescani con la chiesa ed il convento di San Lorenzo (1280).

Se si osserva la dislocazione delle comunità religiose possiamo notare come gli insediamenti occupino 3 dei 4 quartieri in cui era anticamente suddiviso il nucleo abitato. Il quarto quartiere è occupato dalla sede vescovile e quindi in tale zona è stato opportunamente evitato di insediare qualsivoglia convento. Altresì risulta evidente come i complessi siano quasi sempre a ridosso o nelle vicinanze delle porte cittadine: Santa Corona vicina a Porta San Pietro, San Michele a Porta Berga, San Lorenzo adiacente a Porta Nova.

Il convento di San Michele oggi non esiste più, distrutto dalla furia demolitrice comunale nel 1812, ma si trovava subito dopo l’omonimo ponte, sulla riva destra del Retrone.

Dopo gli anni del “Patto di Custodia “ che nel 1264 di fatto assoggettò Vicenza al dominio padovano, arrivò nel 1311, Cangrande della Scala che stese la signoria scaligera sulla città fin quasi al 1387. Il dominio dei veronesi assicurò un periodo di pace e di prosperità che rese Vicenza partecipe ad un più vasto regime di scambi commerciali rendendola quindi più ricca e più popolosa. Il territorio intorno alla città lungo le vie di comunicazione iniziò a dar vita ad una nuova sorta di aggregazione comunitaria, i cosiddetti borghi.

Nel tardo Duecento e nel Trecento i borghi divengono vere e proprie comunità dove sorgono non solo case modeste ma anche chiese, conventi e ville generalmente circondate da terrapieni e fossati o da steccati almeno lungo le strade principali.

Vicenza era divenuta terra di confine per i dominatori Scaligeri per la sua vicinanza con Padova, ora dominio dei Carraresi e acerrimi nemici di Verona, ed in questo contesto i borghi orientali furono di particolare importanza per le comunicazioni e la difesa della città. Infatti, subito dopo Ponte degli Angeli si aprivano a raggiera ben 5 importanti vie con relativi borghi: borgo San Pietro, che oltrepassato il convento delle Benedettine, portava verso le terre “marcite”, cioè paludose, di Casale; borgo di Camisano con le contrade XX Settembre e Porte Padova si indirizzava appunto verso Padova; borgo di Roblandine che coincideva con l’odierna Contrà San Domenico; borgo di Lisiera che si estendeva tra le attuali vie IV Novembre e Contrà delle Fontanelle e la cui strada portava verso Cittadella, Treviso e Castelfranco; borgo San Vito (oggi Borgo Santa Lucia) che puntava a nord verso la fascia pedemontana.

Secondo gli studi e la documentazione reperita, le 5 strade erano già circondate da fossati fin dal 1188 ma dal 1344 furono costruiti degli spalti per facilitarne la difesa oltre alla deviazione del Tribolo per allagarne i fossati a spese delle genti di Monticello Conte Otto. Nel 1370 Cansignorio decise di rendere più sicure le fortificazioni da questa parte della città e impose pesanti tasse ai contadini, al popolo e pure agli ordini religiosi per munire di torri e mura possenti la zona. Decise anche di ridurre da 5 a 3 le porte della città per facilitare il controllo degli accessi e rendere meno facile un attacco. Dopo ciò la denominazione di Borgo San Pietro finì per essere applicata all’intero complesso fortificato.

In fondo a Contrà San Pietro era sopravvissuta la porta detta di Cà Marzo e a presidio del borgo di Camisano vi era l’antica porta di Torricelle, detta più comunemente di Padova che era già esistente dal 1369. Altra porta era quella di borgo San Vito, rifatta sempre nel 1369 e chiamata in seguito porta Santa Lucia per la vicinanza con l’omonima chiesa. Come già detto il perimetro di queste nuove fortificazioni era di circa 1220 metri e da Piazza XX Settembre se ne può ancora seguire l’andamento inoltrandoci verso Contrà Torretti, dove il nome ricorda le torrette a rinforzo delle mura stesse, passando per Contrà Mure Araceli e raggiungendo porta Santa Lucia. Esternamente l’antica cinta è sopravvissuta alle manomissioni e, seppur con torri scapitozzate e bastioni rovinati dalle abitazioni che vi si sono annidate, possiamo seguire l’antico tracciato proseguendo verso l’incrocio con via IV Novembre, via Legione Gallieno fino a raggiungere Contrà Porta Padova dove si può vedere lo slargo del fossato antistante la porta . Andando ancora avanti verso viale Margherita ,sempre al di là della traccia del fossato, si raggiunge lo sbocco di Contrà San Pietro. A questo punto il tracciato murario non è più chiaro e se ne può solo presumere l’andamento dato che il Bacchiglione è stato deviato nell’Ottocento con relativa distruzione dei resti fortificati.

Verso i settori nord-occidentali gli Scaligeri, nel 1311, rinforzarono i bastioni vicentini usando come perno porta Nuova , aperta nei pressi di San Lorenzo. All’esterno della cinta si era nel frattempo sviluppato il borgo di Porta Nuova che si estendeva fino al Bacchiglione e alla chiesa di Santa Croce e all’annesso ospedale dei pellegrini, di cui si ha notizia fin dal 1179. Anche verso San Felice si era sviluppato l’omonimo borgo e negli Statuta del 1264 vi era descritta la fossa che correva parallela alle mura fino a Porta Nuova ove si immetteva nel Bacchiglione. Proprio quasi alla fine della signoria di Cansignorio e l’avvento del figlio Antonio,1390 circa, gli Scaligeri pensano di fortificare queste aree di nuova espansione rivolte verso la capitale. Qui fu raso al suolo il borgo San Felice per far posto al castello e per tenere libera la strada verso Verona, con rispetto dell’antica abbazia dei Santi Felice e Fortunato. Infine venne costruita la Rocchetta, visibile all’attuale incrocio tra viale Mazzini e via Cattaneo, mirabile esempio di massiccia fortificazione che, nello slargo liberato da altre costruzioni, doveva apparire ancora più minacciosa e quindi scoraggiare eventuali tentativi di attacco.

La Rocchetta fu costruita intorno al 1365 o 1370-80 ,su base quadrata di circa 32 metri di lato ed era munita di torri angolari “scudate” come un baluardo avanzato a protezione del fortilizio, che era un po’ più arretrato e già esistente nel 1343, di porta Castello. Ad ausilio di tali difese c’era anche la torre campanaria della basilica dei Santi Felice e Fortunato che all’epoca fu coronata da merlature per le guardie quale avamposto di avvistamento e primo allarme. Circondava il forte un fossato allagato con le acque della Seriola (ora tombinata ) della larghezza massima di 10 metri sia interna che esterna mentre le due porte avevano doppi ponti levatoi e robuste chiuse. Gli stessi muri perimetrali avevano uno spessore di 3,20 metri mentre quelli verso la città di soli 1,50 metri e attorno al cortile interno si addossavano su tre piani gli alloggiamenti per la numerosa guarnigione.

Nel 1381 si procedette alla costruzione di porta Santa Croce che racchiudeva l’omonimo borgo e conseguentemente la congiunzione delle mura a Porta Nuova presso San Lorenzo con relativo fossato allagato sempre dalle acque della Seriola. Anche in questo caso è possibile vederne ancora oggi il perimetro seguendo Contrà Mure Carmini fino alla testata del ponte Nuovo e seguendo il Bacchiglione si giunge ,come già detto, a porta Santa Croce. La porta è uno dei rari reperti fortificatori giunto pressoché intatto fino a noi; la sua corte d’armi e l’alta torre ci permettono di capire come potevano essere le analoghe porte di Verona e ci danno l’idea dell’avanzata arte fortificatoria scaligera. Da qui fino alla Rocchetta possiamo agevolmente seguire il possente bastione costruito in mattoni e pietre come da tradizione ma possiamo anche notare un interessante particolare: le torri non sono più a base tonda o quadrata ma bensì a pianta pentagonale. Tale soluzione rendeva impossibile al nemico sfruttare i cosiddetti angoli ciechi delle precedenti torri e i difensori potevano agevolmente colpire chiunque si fosse attestato sotto i bastioni che non offrivano più coperture. Dalla Rocchetta le mura scaligere piegano verso l’interno, verso contrà Mure della Rocchetta,Mure Porta Nuova andandosi infine ad agganciare alle antiche mura medievali nei pressi di contrà Ponte delle Bele .

Esiste documentazione, del breve periodo di dominazione del duca di Milano, di una ulteriore porta “Nuova” aperta intorno al 1390-1392 che si trovava all’incrocio delle contrà della Rocchetta, Porta Nuova e Mure Porta Nuova. Fermo restando che il nome del borgo di Porta Nuova deriva dal nome dell’unica porta disponibile per l’accesso alla zona dalle parti di San Lorenzo, si presume che tale apertura fosse fatta per agevolare il movimento in entrata ed in uscita dal vasto insediamento, dato che la Rocchetta, per ovvie ragioni di sicurezza, rimaneva costantemente chiusa. Da notare in questa zona il particolare disegno viario del borgo che, escludendo la parte più antica e vicina a San Lorenzo, è stato creato con uno schema ad isolati regolari con vie che si intersecano incrociando l’asse viario principale (Corso Fogazzaro).

Nei piani degli Scaligeri vi era senz’altro il progetto di cingere anche la zona a sud-est della città, verso borgo Berga,che già dal secolo XII e XII si era espansa intorno al convento e alla chiesa di San Silvestro. Qui, prima della sconsiderata distruzione ottocentesca, esisteva una porta simile a Porta Santa Croce, chiamata Porta Lupia che sboccava ai piedi della salita si Santa Libera sulla strada che portava verso l’antica chiesa di San Giorgio.

Verso nord-est, invece, troviamo ,oltre la porta Pusterla, l’omonimo borgo che si estendeva al di là del Bacchiglione su una zona bassa e paludosa spesso soggetta alle inondazioni. Il borgo infatti si era sviluppato nella zona più alta lungo l’asse viario e non era affatto considerato come prioritario da un punto di vista fortificatorio, dato che la natura stessa del territorio acquitrinoso sembrava già di per sé valida difesa ad eventuali tentativi di penetrazione in città.