La battaglia del Basson

Il terreno della battaglia

Forte Verle dopo i bombardamenti italiani
Forte Verle dopo i bombardamenti italiani

La strada che da Asiago conduce a Passo Vezzena a 1402 mt di altitudine attraversa tutto il vasto pianoro che fu teatro di una delle più sanguinose battaglie della I° Guerra Mondiale . Al centro di questo pianoro in una posizione rialzata gli austriaci costruirono il Forte di Busa Verle che insieme al poco lontano Luserna , costituiva un vero e proprio campo trincerato inespugnabile a protezione della via di accesso a Trento .

La posizione del forte e il terreno aperto consentiva agli austriaci di tenere agevolmente sotto controllo l'intera area e di difenderla all'occorrenza senza bisogno di esporre i propri reparti all'eventuale fuoco nemico . Infatti , tutta la zona era circondata da possenti sbarramenti di filo spinato , trincee in cemento e caverne per riparare le truppe . In posizione defilata erano allocate batteria di artiglieria in grado di battere il terreno antistante e i forti stessi potevano concorrere alla difesa ravvicinata con le mitragliatrici e gli obici da 100 mm montati sulle cupole d'acciaio .

L'ampiezza del terreno scoperto e la solidità delle difese avversarie rendevano un vero e proprio suicidio qualsiasi tentativo di attacco sia al forte che alle linee avanzate che lo proteggevano . Era tuttavia relativamente facile portare truppe e rifornimenti nella zona ed era altresì facile colpire con le artiglierie dei forti Verena , Campolongo e Corbin sia il Verle che il Luserna . Questo diede l'illusione ai comandanti italiani di poter pianificare un efficace attacco per scardinare le difese austriache ed aprirsi la via per Trento con minime perdite e arrecando gravi danni al nemico .

 

 

Le forze in campo

Nonostante l'attacco sulla piana di Vezzene sia avvenuto nell'agosto del 1915 , ancora una volta le truppe italiane si trovarono in condizioni sfavorevoli rispetto al nemico . Quando infatti furono tracciati i confini dopo le guerre d'indipendenza , gli austriaci furono molto attenti a scegliere le posizioni dominanti rispetto agli italiani potendo così approntare opere difensive atte a prevenire o a scoraggiare eventuali attacchi .

 

FORZE ITALIANE :

34° Divisione comandante Tenente Generale Pasquale Oro composta da :

 

Brigata di fanteria Ivrea comandata dal Maggior Generale Vittorio Murari Brà e a sua volta composta dal 161° Reggimento ( Colonnello Virginio Pirri ) e dal 162° Reggimento ( Colonnello Stefano Marrucco ) ;

Battaglione Alpini Val Brenta e 63° compagnia del Bassano ( Capitano Annibale Tentori ) ;

1° Gruppo Artiglieria da campagna del 41° ( 3 batterie ) ;

Gruppo Oneglia di artiglieria da montagna ( 3 batterie ) ;

16° Compagnia Genio Zappatori ( Capitano Vece ) ;

riserve di settore le restanti compagnie del Battaglione Bassano .

Queste le forze impegnate nel settore passo Vezzena-forte Verle-Pizzo Leve.

 

Brigata di fanteria Treviso comandata dal Maggior Generale Ugo Villa composta dal 115° Reggimento ( Colonnello Mario Riveri) e dal III° Battaglione del 116° Reggimento ( Tenente Colonnello Giovanni Garzone ) ;

Un battaglione della Regia Guardia di Finanza ;

2° Gruppo artiglieria da campagna ( 3 batterie ) ;

15° Compagnia Genio Zappatori ;

come riserva i 2 restanti battaglioni del 116 ° Reggimento Fanteria .

Queste le forze impegnate nel settore Monte Basson-Costalta .

 

 

 

I preparativi della battaglia

Quando l'Austria-Ungheria definì con il Regno d'Italia i confini a nord si premurò di farlo scegliendo tutte le posizioni migliori e dominanti sul territorio italiano. Successivamente, dato che gli austriaci non riponevano molta fiducia negli italiani, iniziarono a fortificare con poderosi dispositivi difensivi il confine.

Gli imperiali avevano creato uno sbarramento costituito da fortezze e campi trincerati su tutta la linea che, presumibilmente, poteva essere oggetto di tentativi di attacco da parte italiana in caso di guerra con particolare attenzione a tutte quelle posizioni che potevano dare accesso al Sud Tirolo e a Trento.

Allo scoppio delle ostilità il fronte dell'altopiano di Asiago e Vezzena-Fiorentini era considerato da Cadorna come secondario, impegnato com'era a dare le famose "spallate" sull'Isonzo. In questo clima gli ordini del comandante supremo riguardo a queste zone era di mantenere salde le posizioni oppure di procedere ad eventuali operazioni solo se il risultato fosse garantito e solo se l'azione potesse portare ad un effettivo vantaggio tattico sul nemico. Ecco quindi una nebulosa direttiva data al comandante della I° Armata (quella designata sul fronte che va dallo Stelvio alla Croda Grande) in cui si dice tutto e niente.

Sulla base di questa poco chiara indicazione, dopo il fallimento delle prime due battaglie dell'Isonzo, ecco prendere corpo una offensiva con l'intento di impegnare gli austriaci anche da questa parte del fronte.

Sottovalutando ampiamente il dispositivo difensivo nemico si iniziò a elaborare un piano che prevedeva lo sfondamento della linea tra i forti Luserna e Busa Verle scardinando le difese avversarie e aprendo la strada, se non alla conquista, almeno all'avvicinamento a Trento.


La battaglia

La cartina con gli schieramenti sul campo di battaglia
La cartina con gli schieramenti sul campo di battaglia

Dopo un bombardamento continuo durato diversi giorni che aveva come obiettivo la distruzione dei forti Luserna e Verle e dei possenti trinceramenti del Basson, iniziò l'attacco vero e proprio. Alle ore 21.00 del 24 Agosto 1915 i plotoni esploratori e guastatori si diressero verso i punti loro assegnati con il compito di valutare i varchi provocati dalle artiglierie sui reticolati avversari ed eventualmente allargarli. Contemporaneamente avanzarono le truppe per portarsi nelle posizioni di attesa (il 161° e il 162° della Brigata Ivrea e il Battaglione Alpini Valbrenta a nord). Gli attacchi dovevano avvenire solo ed esclusivamente dopo che i plotoni esploratori avessero segnalato che i varchi nei reticolati erano praticabili. Purtroppo l'azione dell'artiglieria non era stata efficace e i varchi non erano aperti oppure troppo esigui per permettere il passaggio di truppe. Inoltre i danni provocati ai forti Luserna e Verle non erano tali da renderli inutilizzabili. Gli austriaci poi, che avevano pesantemente fortificato l'intero tratto di fronte con una tripla linea di trincee blindate e filo spinato, erano prudentemente arretrati sulla linea più protetta per non esporsi ai tiri delle artiglierie italiane.

Altro problema fu il fatto che molti dei plotoni in avanscoperta furono immediatamente individuati dai riflettori nemici, così come alcuni dei battaglioni in avvicinamento e furono fatti segno di pesante fuoco di fucileria e di mitragliatrici, annullando l'effetto sorpresa e impedendo lo schieramento stabilito nei piani degli italiani.

A questo punto l'intera battaglia prende una piega del tutto imprevista dai comandi italiani. Le comunicazioni si accavallano e i comandanti dei vari settori si ritrovano a dover fronteggiare una situazione non contemplata dai piani concordati. Iniziano a giungere ordini contraddittori e privi di senso e come sempre le artiglierie italiane sbagliano i tiri colpendo le nostre truppe che a causa dell'inefficacia dell'attacco si trovano in posizioni troppo avanzate e senza possibilità di copertura.

La situazione è tragica. I cannoni dei forti e i pezzi di artiglieria austriaci martellano il fronte. I reparti impegnati negli attacchi sono o troppo avanti o nelle posizioni sbagliate e le comunicazioni tra i reparti ei comandi e tra i comandi e le artiglierie non sono ne precise ne tempestive.

Tuttavia, nella totale confusione che regna sul campo di battaglia, alcuni reparti, pur con perdite gravissime, riuscirono a raggiungere i reticolati della prima linea e in certi punti a superarli occupando la prime e poi la seconda trincea austriaca.

Il fuoco amico provoca ulteriore panico tra i soldati che cadono anche vittime dei gas asfissianti di cui ancora oggi non si riesce a capire se fossero austriaci o italiani. E' in questo inferno che si consuma la tragedia del 115° Reggimento di Fanteria comandato dal Colonnello Riveri. Il reggimento avrebbe dovuto rimanere in una posizione defilata e non partecipare da subito ai combattimenti. A causa della grande confusione e del frammischiamento dei reparti in campo il 115° si ritrovò suo malgrado a sferrare un attacco del tutto imprevisto e molto azzardato. Tale azione fu aspramente criticata e additata come la causa principale del fallimento dell'intera operazione sulla piana di Vezzena facendo passare il Colonnello Riveri come un fanatico a caccia di gloria, disobbediente agli ordini impartiti e totalmente incompetente. La realtà dei fatti è molto più banale e ridicola se non fosse per la tragicità delle conseguenze.

Gli ordini del Riveri erano abbastanza vaghi, gli veniva data facoltà di attaccare a suo giudizio se se ne fosse presentata l'opportunità e sempre a suo giudizio avrebbe dovuto valutare quanto a fondo doveva spingersi l'attacco. Il 115° si schierò in modo impeccabile e attese in posizione lo sviluppo degli eventi. Mentre si attendeva che la battaglia presentasse l'occasione propizia all'intervento del reggimento, forse a causa di una errata interpretazione dei segnali dei guastatori (segnalavano che i reticolati erano intatti) alcune compagnie si lanciarono all'attacco. Preso alla sprovvista da questa inspiegabile iniziativa Riveri si rese conto che non assecondando l'azione più di 400 soldati sarebbero stati macellati inutilmente. Ordinò quindi a tutti i reparti del reggimento di attaccare pur essendo consapevole che i varchi nei reticolati non erano aperti. Egli stesso si lanciò all'attacco in testa ai suoi uomini rimanendo più volt ferito. Le riserve in posizione arretrata non comprendendo cosa stava accadendo e vedendo l'impeto dei reparti avanzati pensarono di dover intervenire a supporto e in men che non si dica l'intero reggimento era sul campo di battaglia.

Contro ogni aspettativa tale attacco ebbe un parziale successo dato che le prime due trincee avversarie furono conquistate e la posizione del Basson quasi presa. Purtroppo il resto dei reparti che attaccavano nel settore a nord non riuscirono a superare i fitti reticolati intorno a forte Verle, mentre più a sud forte Luserna era ancora pienamente efficiente e colpiva di continuo gli attaccanti. Gli uomini del 115° erano bloccati senza poter andare ne avanti ne indietro. All'alba del 25 Agosto 1915 la nebbia mattutina inizia a diradarsi mostrando il campo di battaglia coperto di morti e feriti e con migliaia di soldati intrappolati nei trinceroni e a ridosso dei reticolati. Gli austriaci riprendono a martellare le linee con le mitragliatrici e le artiglierie e tentano la riconquista delle posizioni perdute costringendo gli italiani a ritirarsi sotto un intenso fuoco.

L'attacco è fallito! Nel pomeriggio del 25 Agosto gli ultimi feriti vengono portati negli ospedali da campo.

Epilogo

Forte Luserna dopo i bombardamenti italiani
Forte Luserna dopo i bombardamenti italiani

La battaglia del Basson si concluse il 25 Agosto 1915 con una totale sconfitta delle truppe del Regio Esercito. Dopo tale battaglia furono condotte numerose inchieste sui fatti che decretarono il fallimento dell'operazione e dagli atti risulta evidente come gli ufficiali superiori fossero totalmente privi dell'esperienza necessaria a compiere una impresa del genere. Pur avendo pianificato sulla carta una attacco da manuale la disorganizzazione e gli scarsi mezzi a disposizione non permisero ai soldati e agli ufficiali che operavano sul terreno di combattere ad armi pari col nemico. Le disposizioni date sulla carta vennero più volte modificate e contraddette durante la battaglia mentre la totale mancanza di efficienti sistemi di comunicazione non permettevano di dare o ricevere tempestivi ordini ai reparti impegnati. Gli errori dell'artiglieria che aveva più volte colpito i fanti furono grossolani così come fu totalmente inefficiente il bombardamento di ben 9 giorni sulle linee avversarie che risultarono pienamente funzionanti.

L'inchiesta ufficiale su quanto accadde in quei due giorni mette in evidenza contraddizioni e dati inesatti forniti dai numerosi ufficiali che tentavano, chi più chi meno, di allontanare da sé eventuali responsabilità per ordini impartiti o decisioni prese malamente. Fortunatamente l'inchiesta mise in luce il comportamento esemplare del 115° Reggimento Fanteria e del suo comandante Colonnello Riveri ( ferito più volte fu fatto prigioniero dagli austriaci) che nonostante tutto era riuscito a penetrare le linee nemiche ma fu poi lasciato senza rinforzi e senza mezzi per proseguire l'attacco.

In tutto il 115° lasciò sul terreno 465 feriti, 690 tra morti e dispersi. La 34° divisione in totale perse 1486 tra soldati e ufficiali.