Forte Cima Campo (forte Leone)

Forte Cima Campo o Forte Leone
Forte Cima Campo o Forte Leone

La storia

I lavori per la costruzione del forte di Cima Campo coprirono un arco di tempo di 7 anni: dal 1906 al 1912 data la difficoltà di lavorare durante il periodo invernale a quelle quote. Sotto la direzione del capitano prima, poi maggiore ed infine generale Antonio Dal Fabbro iniziarono le prime realizzazioni accessorie per il cantiere (strade, alloggi per il personale, impianti per le teleferiche, opere di sbancamento).

I primi lavori relativi all'opera iniziarono nella tarda primavera del 1906 con lo scavo delle vasche per l'acqua potabile e la preparazione delle pietre da costruzione oltre agli sbancamenti necessari per far posto alle strutture vere e proprie del forte.

Già all'inizio dell'inverno del 1906 i primi lavori erano a buon punto. Nel 1907 la teleferica per il trasporto dei materiali pesanti era funzionante e gli operai erano più di 300.

Curiosamente molti operai del cantiere erano trentini (quindi sudditi degli Asburgo) ed erano saliti al cantiere dai vari paesini della Valsugana attratti dalla paga regolare e sicura di un cantiere dello stato. La cosa non sfuggì ai servizi informativi austriaci che ne approfittarono per infiltrare tra gli operai qualche ufficiale del genio (opportunamente dissimulato) con la ovvia conseguenza che la segretezza ed i particolari costruttivi dell'opera non erano più così segreti.....

Nel 1910 i lavori di costruzione delle caserme, degli alloggi ufficiali e di tutti i depositi sono completati. Nello stesso periodo giunsero al cantiere le cupole corazzate pronte per l'installazione e i 6 pezzi da 149/A che dovevano essere montati sulle strutture.

Nel 1912 il Re d'Italia Vittorio Emanuele III° visita la fortezza ormai quasi completata, complimentandosi con le ultime maestranze impegnate nei lavori finali di rifinitura e con il maggiore Dal Fabbro valido direttore dei lavori.

Durante l'estate del 1915 l'avanzata italiana in territorio nemico mise di fatto forte Cima Campo fuori dai giochi, dato che il suo raggio d'azione era ampiamente superato dal distanza del fronte. Pertanto da luglio di quello stesso anno fu deciso di ridurre l'armamento delle fortezze dello sbarramento Brenta-Cismon, sottraendo al forte 4 dei 6 pezzi da 149/A e molte sezioni di mitragliatrice. Durante l'offensiva di primavera del 1916 compiuta dagli austriaci sugli altipiani, le artiglierie rimaste sulle cupole corazzate intervennero nei combattimenti offrendo copertura alle truppe italiane impegnate nella difesa. Sul forte piovvero alcuni colpi di mortaio pesante da 305 senza causare grossi danni.

Nel giugno del 1916 il comando della 1° Armata ordinò il disarmo totale della fortezza perché troppo arretrata rispetto al fronte e quindi inutile da un punto di vista tattico. Gli ultimi cannoni furono montati su affusti mobili e portati via.

Completamente disarmato e lontano dal fronte Forte Leone divenne un semplice magazzino e un occasionale alloggio per reparti in transito fino al 23 novembre del 1916 in cui il comanda d'armata dispose la definitiva radiazione del complesso.

Dopo la disfatta di Caporetto l'arretramento del fronte sul Piave e l'arroccamento sul monte Grappa, Cima Campo divenne il nuovo baluardo difensivo per arginare l'avanzata austriaca da nord. Il forte, non più operativo, fu utilizzato come caposaldo e come deposito.

Nel novembre del 1917 Cima Campo fu coinvolta nei combattimenti tra italiani e austriaci per cercare di salvare le truppe che arretravano ma il forte fu conquistato dal nemico facendo prigionieri i pochi alpini che avevano resistito nella fortezza fini all'ultimo, esaurendo le munizioni.

Gli austriaci utilizzarono a loro volta la fortezza in stato di abbandono come deposito e come punto logistico per le truppe in transito da quella che, ormai, era la retrovia dell'esercito imperiale. Dagli alloggi e dai depositi lasciati vuoti dagli italiani, gli austriaci, a corto di materiali, sottrassero legname dei solai e lamiere dai tetti per le loro esigenze.

Il 1° novembre 1918 la disfatta austriaca era ormai evidente e i reparti in zona iniziarono a ritirarsi disordinatamente. Ma non si volle lasciare intatta agli italiani la fortezza e quindi, poco prima di abbandonarla definitivamente, le munizioni ancora depositate all'interno vennero fatte brillare con cariche di esplosivo provocando la devastazione del corridoio centrale e il crollo del muro esterno. Finì così l'epopea di uno dei più bei forti dello sbarramento Brenta-Cismon.

 

Come era fatto il forte

La pianta di forte Cima Campo
La pianta di forte Cima Campo

Forte Cima Campo era costituito essenzialmente da 4 parti distinte: il blocco batteria con i cannoni da 149/A, una postazione per il combattimento ravvicinato con cupola a scomparsa, un blocco-caserma con gli alloggi ed i servizi per la truppa e gli ufficiali nonché i magazzini per le munizioni e i laboratori per il confezionamento delle cariche, un vallo perimetrale che assumeva le caratteristiche di un vero e proprio fossato per la protezione sterna da eventuali assalti delle fanterie.

Il blocco delle batterie era un imponente banco di calcestruzzo largo 15 metri e lungo 85 e ospitava le sei cupole corazzate con i cannoni da 149/A tipo Armstrong. Al centro vi era un osservatorio girevole modello Gruson per gli ufficiali addetti al tiro. Nonostante lo spessore di 2,5 metri del calcestruzzo, l'assenza della benché minima armatura metallica e la presenza di numerose bocchette a tiraggio naturale per l'aerazione, ne pregiudicava fortemente la resistenza ai potenti calibri delle artiglierie avversarie. Le cupole corazzate del diametro di 4,75 mt erano in acciaio al nickel  dello spessore di 14cm ed erano composte da 3 spicchi uniti da chiavette e saldati in loco.

Sotto alla cupole era installata una sotto corazza di lamiere sovrapposte di 1,2 cm di spessore per proteggere il personale da eventuali colpi alla base della cupola. Oltre a questa protezione vi era una avancorazza in ghisa di 6 elementi alti 1 mt e spessi 27,5 cm.

Tra i pozzi erano ricavate delle stanze dette "riservette" in cui erano conservati i proiettili già confezionati ma privi di innesco per l'impiego in combattimento.

La centrale di tiro era posta sotto alla cupola osservatorio e qui gli ufficiali elaboravano calcoli di puntamento che venivano trasmessi ai pezzi in batteria attraverso i tubi acustici.

Al centro del corridoio erano posti i montacarichi per l'approvvigionamento dei colpi provenienti dalla polveriera che erano smistati alle riservette tramite dei carrelli su binario.

Le postazioni per il combattimento ravvicinato erano sistemate lungo un profondo trincerone che avvolgeva l'intera opera. C'era un gradino di tiro per piazzare i fucilieri e ben 20 postazioni con mensole per sistemare le mitragliatrici su treppiede. L'intero perimetro era protetto da un groviglio di 20/25 mt di reticolato in modo da rendere impossibile ad eventuali truppe di fanteria l'avvicinamento alle postazioni dei fucilieri.

Per rendere più facili gli spostamenti dei soldati lungo le difese esterne correva parallelo al fossato un corridoio corazzato collegato da rampe di scale e varie uscite e ai brevi corridoi di accesso alle cupole corazzate Gruson dove erano installate le mitragliatrice Maxim mod.1906.

Il blocco caserma era un edificio di due piani lungo 81 mt e largo 13 mt con copertura alla prova spessa 2,5 mt in calcestruzzo. Qui erano ricavati gli alloggi per la truppa e gli ufficiali e tutti i servizi necessari alla comunità della guarnigione. Vi era anche un locale nel quale era installato il potente gruppo elettrogeno a miscela di benzina che non emetteva fumi di scarico e quindi non era rilevabile dall'eventuale osservazione nemica.

Distanziata dall'opera e interrata a discreta profondità era ricavata la polveriera. La struttura di deposito era ben protetta e collegata alle batterie da un tunnel sotterraneo munito di binari a scartamento ridotto per i carrelli che venivano usati per il trasporto dei proiettili. L'interno del deposito aveva una intercapedine in mattoni che permetteva il ricircolo dell'aria ed evitava il ristagno di umidità. In questa stanza erano presi particolari accorgimenti per evitare il benché minimo pericolo di scoppio: tutte le serrature, i catenacci e i chiodi erano in ottone, le ruote dei carrelli erano in fibre vegetali e l'illuminazione elettrica era incastonata in apposite finestrelle con doppio vetro ermetico per evitare ogni possibilità di scintille.

 

L'armamento del forte

Il forte di Cima Campo era armato, come più o meno tutti i forti dello sbarramento Brenta-Cismon, da 6 cannoni mod.149/35A Armstrong montati in cupole corazzate di acciaio al nickel dello spessore di 14 cm e del peso di 180 quintali. Le cupole erano fornite in tre spicchi che venivano poi saldati in opera e rivestite internamente di una ulteriore corazzatura (sottocorazza) dello spessore di 2,4 cm.

Davanti al pozzo del cannone erano annegate 6 piastre in ghisa indurita che fungevano da ulteriore protezione dai colpi d'infilata che avrebbero potuto danneggiare il pozzo e il cannone.

Oltre ai 6 pezzi principali intorno al forte, in appositi appostamenti, erano sistemati 8 cannoni da 75A per battere per qualche chilometro la zona antistante, 6 mitragliatrici Maxim mod.1906 in torretta corazzata a scomparsa e 5 mitragliatrici in casamatta.

 

La guarnigione

Generalmente le fortificazioni non avevano unità di fanteria per la difesa ravvicinata e questo compito era affidato alla Milizia Territoriale. Nel forte era stanziato il V° Battaglione Presidiario su tre compagnie (la 7°,8°,9°), da IV° gruppo del 9° reggimento da fortezza (su due compagnie di Milizia Mobile,14° e 16°) e dalla 18° compagnia di Milizia Mobile del 4° reggimento da fortezza